Archivi del mese: marzo 2013

BookTrailer di Santa Muerte Patrona dell’Umanità

Grazie a Giuseppe Spina e Circuito Nomadica!

“La morte è così sicura di sé stessa che ci dà tutta una vita di vantaggio”

Santa Muerte. Patrona dell’Umanità, Fabrizio Lorusso, Stampa Alternativa/Nuovi Equilibri, 2013 pp. 192. – Libro 

Blog santamuertepatrona.wordpress.com/

Autore del libro: Blog
Musica di Beto Quintanilla – “La Santísima Muerte”
Book Trailer by Giuseppe Spina nomadica.eu

SANTA-MUERTE-niño


Santa Muerte, protettrice del popolo @VicoloCannery.It

di Fabrizio Lorusso (Nel pubblicare questo reportage, segnaliamo l’uscita di Santa Muerte Patrona dell’Umanità, il libro di Fabrizio edito da Stampa Alternativa/Nuovi Equilibri) °Da VicoloCannery.It Agenzia Letteraria e Rivista Loop (cartacea num. 15 ott/nov 2011)°

Uno dei fenomeni sociali più interessanti e poco esplorati del Messico contemporaneo è senza dubbio l’emersione pubblica di un culto antico e semiclandestino a una santa popolare con le fattezze di uno scheletro, la Santissima Muerte. Ha una lunga storia che sta lentamente venendo fuori da ricerche sul campo e nelle biblioteche di questo paese. Una cosa è certa. Non va confusa con la famosa tradizione del giorno dei morti, dichiarata dall’Unesco come patrimonio culturale immateriale dell’umanità, che è d’origine cattolica e ha integrato alcuni elementi precolombiani e la cultura pop americana di Halloween.

Quella è una morte addomesticata dallo stato e dalla religione per fare festa e propagare lo stereotipo del messicano che non la teme mai e balla nei cimiteri. Tanti colori, statuette di donne borghesi scarnificate (le famose catrinas dell’artista del primo novecento Josè Guadalupe Posadas), teschi di marzapane, dolci, fiori gialli, e molta promozione turistica ma in fondo poca anima. La Santa Muerte è invece un’immagine più spaventosa, è vero. Ed è associata erroneamente al mondo del narcotraffico e della delinquenza, ai tamarri e ai poveri, come fosse una protettrice di reietti e malfattori. L’immaginario di morte, violenza e guerra al narcotraffico che il Messico esporta da alcuni anni ha contribuito a ingigantire il mito della “Madonna dei Narcos”. La realtà è però un po’ più complicata.

Si tratta di un’iconografia tardo medievale e barocca della morte scheletrica, con falce, mondo e bilancia, carica di simbolismo e mistero. Da decenni, anzi da secoli, è protagonista di un processo clandestino di canonizzazione o santificazione popolare. La Santa Muerte, alias Niña Blanca, Patrona, Señora, Flaquita (i suoi soprannomi sono praticamente infiniti), è un’entità santificata dal popolo. E’ l’idea della morte giustiziera che funge da intermediaria tra gli uomini e Dio e poi diventa oggetto di un culto specifico. La Chiesa non l’accetta. Se non sei vissuto non puoi mica essere Santo! Ma la gente è ormai stufa delle imposizioni delle istituzioni e della fede ufficiale, quella che decine di sette e gruppi cercano di brevettare per far soldi, e si ribella scegliendosi i propri intercessori divini e optando per una libera adesione alla religiosità.

E’ un movimento spontaneo che sorge in Messico, ma esiste anche in Argentina, dove prende il nome di San La Muerte, negli Stati Uniti e in Centro America. La morte santificata nasce nel mondo rurale e nelle comunità marginali di poveri e indios del Vicereame della Nuova Spagna, un territorio che s’estendeva dalla California a Panama, già nel diciassettesimo secolo quando gli spagnoli dominavano le colonie americane con la spada e con la croce. Erano infatti aiutati da eserciti di soldati dell’anima col saio indosso e la Bibbia in mano. La devozione alle figure della morte scarnificata che i religiosi cattolici avevano importato dall’Europa (per esempio i quadri delle Danze macabre e i Trionfi della morte-peste nera) prende in America nuove e inattese direzioni, sgradite alla Chiesa di Roma e malviste dal resto della società.

Quindi nel tempo questa morte fatta santa dai settori marginali si fonde e si confonde con le tradizioni locali, con le credenze e anche le superstizioni spesso legate a quel che resta della visione del mondo degli antichi messicani. Sopravvive clandestinamente alle persecuzioni dell’Inquisizione che accusa i suoi seguaci di “idolatria pagana” e “satanismo”. E sono le stesse espressioni di disprezzo, basate su preconcetti, con cui ancora oggi, dopo un decennio di boom mediatico della Santa Muerte, la stampa scandalistica e le gerarchie ecclesiastiche continuano a etichettare il suo culto senza comprenderlo. I devoti aumentano esponenzialmente da almeno un decennio e sono oltre cinque milioni, forse dieci. Il culto dilaga su Internet, nei mercati, tra i migranti, i poliziotti, i carcerati e ma anche nella classe media, tra i politici e nel mondo dello spettacolo.

Insomma parlare di satanismo e ignoranza non basta più. Ecco allora che emergono studi e analisi più serie e centrate sulla comprensione del fenomeno che non è “un problema” ma l’espressione creativa del sincretismo postmoderno e contro egemonico di settori crescenti della popolazione. Ad ogni modo spiegare esattamente che cos’è e cosa rappresenta la Santa Muerte è abbastanza difficile in poche righe (consiglio Questo link http://lamericalatina.net/la-santa-muerte/ e Questo blog). Le immagini dei suoi simpatizzanti e dei momenti importanti del culto così come le parole dei devoti di questa specialissima santa messicana possono forse descriverla più di tante analisi e speculazioni.

Araceli Morales, casalinga ed estetista di Chalco, Città del Messico.

Sono credente della Santa da 23 anni, da quando ero una bambina. Ho avuto un’infanzia molto brutta, molto forte e lei mi ha aiutato molto e ha fatto sì che non prendessi nessun vizio, non stessi in strada ma imparassi a essere una buona madre e una buona moglie.

Ho quattro figli, tre femmine e un maschio. Ora vengo a ringraziarla perché il mio bimbo, appena nato, stava male e le ho promesso dei fiori e un cero. Mi manca oggi il mazzo di fiori ma intanto le ho portato il cero e i fiori li prenderò presto, glieli devo. Son stata una buona moglie ma mio marito mi ha lasciato in cinta di quattro mesi dopo quindici anni di vita insieme.

Per me la Santa è un sostegno quando sto affondando e lei mi aiuta mentre molti dicono che è cattiva, non è vero, cattive sono le persone che le chiedono cose. A volte chiediamo cose impossibili e sì vengono concesse, ma in cambio di altre cose molto forti che io personalmente non farei.

Ho il mio altare in casa con tutti suoi colori e di fatto, in verità, sono l’unica che crede in lei nella mia famiglia con cui ho discusso varie volte. Anche mio marito se n’è andato perché diceva che io gli facevo del male usando lei, ma era solo un pretesto. Io mai gli ho fatto del male con lei. E’ molto molto miracolosa ed è vero ma non bisogna chiedere cose troppo forti che non si possono concedere.

Armando Maldonado, 32 anni, disoccupato, Città del Messico, Iztapalapa

Sono devoto da dieci anni e prima comunque la rispettavo. L’ho conosciuta attraverso la televisione e quello che si diceva. Mi attirava il fatto che è molto buona, ti aiuta quanto le si chiede, ma è anche molto gelosa quando non mantieni le tue promesse. Sono cattolico, cioè credo alla Vergine, a Dio e tutto ma dicono che, beh, bisogna avere fede in qualcosa e ora veramente questa è la mia Santa. Lavoro, anzi, adesso sto cercando lavoro per questo son passato a vederla perché mi dia una mano. Lei mi ha aiutato varie volte ma quella che mi ha colpito di più è stata quando mi ha aiutato a trovare un buon lavoro e anche a tornare con mia moglie dopo che ci eravamo separati. Ho il mio altare in casa, le metto un cero, dei sigari, la purifico col fumo, le metto acqua, cannella, sale. Vado spesso a un altare a Iztapalapa, il 2 di ogni mese. Fanno il rosario e va il padre, si fa il rosario e le richieste di ciascuno per qualche malato o altro. Io ho prego soprattutto per mia mamma malata.

María, 39 anni, casalinga e commerciante del quartiere periferico Iztapalapa.

Io sto con la Santa da almeno vent’anni, faccio la commerciante in un negozietto di zona ma anche la casalinga in realtà. La Santa mi ha salvato due volte la vita e la devo ringraziare. Fu quando stavo con mio marito, beh il mio ex, il padre delle mie tre figlie. Mi picchiava e mi maltrattava e due volte mi ha rischiato veramente di ammazzarmi. Per fortuna ci siam separati proprio per questo, la violenza. Ho il mio altare e le mie bambine sono devote anche loro. Hanno 10, 12 e 15 anni.

Arturo Salazar, tassista, zona Santo Domingo, Città del Messico.

Conosco l’immagine da cinque anni e non da subito sono diventato un devoto. L’ho conosciuta per la strada, in un altro quartiere, tramite un amico che era in prigione. Per me oggi significa molto, è la tua fede, il tuo sentire e vivere. Le chiedo che ci aiuti ad andare avanti e a vivere. Ho avuto problemi di sicurezza col taxi, son saliti su dei rapinatori e la sua immagine mi ha aiutato e non mi hanno rapinato. Mi hanno detto che non mi avrebbero fatto nulla perché l’avevo lì nel taxi, avevo un’immaginetta e una collana.

Questa è una conversazione che ho avuto il piacere d’intrattenere con Alfonso Hernàndez, cronista di quartiere e direttore del Centro Studi su Tepito (Barriodetepito.Com), sul culto alla Santa Muerte e sulla vita in questa zona. Tepito viene a torto identificato come un covo di narcos e delinquenti, una pericolosa comunità anarchica e fuorilegge, ma che in realtà è uno dei pochi quartieri di Città del Messico ad aver conservato la sua identità culturale e storica malgrado la delinquenza, la droga e le vicissitudini di una modernità tronca e ingiusta.

F.L. – Quali sono le origini del culto alla Niña Blanca in Messico e qui nel quartiere di Tepito?

– Beh, io ho 65 anni e da 50 anni conosco questo culto grazie alle mie zie e le mie nonne che tenevano quest’immagine in qualche angolo nascosto della casa, ma la particolarità di Tepito è che proprio in questo quartiere viene esposta per la prima volta in strada come l’immagine di uno scheletro di dimensioni naturali e questo fenomeno si riproduce in lungo e in largo per tutta la città. Questo è quanto abbiamo visto oggi in via Alfarerìa 12, cioè un santuario in cui si venera quest’immagine che può essere una divinità della crisi, può essere o un’immagine per dei fedeli che ormai hanno smesso di credere alle altre immagini e religioni, ai partiti politici, alle istituzioni e che ricorrono a Lei in un momento di crisi. La Vergine di Guadalupe continua a restare al suo posto come un’immagine che fa miracoli, ma la Santa Muerte ti dà una mano, ti evita lo sgamo, cioè ti fa un “paro”.

– E questa è un’altra cosa. Come spiegheresti questo concetto che è molto messicano?

– Ci son cose che non si possono chiedere alla Guadalupe, le puoi chiedere cose buone ma non che ti tolga un maleficio o un’invidia. Invece la Santa Muerte si muove di più in un altro terreno, più nel campo dell’oscuro, del nero, beh sì le puoi chiedere che ti difenda e che con la sua falce recida le invidie e i malefici che incombono su di te.

– In questo senso sarebbe più potente della Vergine di Guadalupe, che dici?

– Più cabrona [testarda, dura, stronza, n.d.t.], non più potente, più cabrona.

Estratto di un’intervista a Doña Enriqueta (Queta) Romero Romero, guardiana dell’immagine e dell’altare alla Santa Muerte più importante del Messico in Calle Alfarerìa, nel quartiere popolare  di Tepito del centro della capitale.

F.L. – Quando hai cominciato ad abbracciare il culto alla Santa morte?

E. R. – Ho 65 anni e sono devota della Santissima Morte da 54 anni. Sono nata nel centro nella Calle Motolonía e mia zia era una devota. Tutta la vita poi l’ho passata qui a Tepito.

– Avevate un’immagine in casa?

– Sì, ma non c’erano figure di legno, piuttosto immagini di carta.

– Era comune il culto alla Santa quando siete arrivati qui?

– Non tanto ma la cosa era più che altro privata e si svolgeva nelle case di ciascuno. Le gente è iniziata a venire quando io ho messo fuori l’altare. E’ stato il 31 ottobre di 9 anni fa, nel 2001. L’immagine dell’altare me l’ha regalata mio figlio Marcos, il maggiore.

Preghiera alla Santissima Muerte (secondo il testo sul culto di Juán Ambrosio)

Santa Morte del mio cuore,

non lasciarmi senza la tua protezione,

e non lasciare mai tizio(a)… (nome della persona)

un solo momento tranquillo(a), infastidiscilo(a)

in ogni momento, mortificalo(a), inquietalo(a), inquietalo(a)

perché sempre pensi a me. Amen.

(Si recitano tre padre nostro)

Oh Morte Sacra,

reliquia di Dio,

toglimi dalla sofferenza

avendo te.

Che la tua ansia infinita

di voler fare il bene

sia sempre con me

tutta la nostra gioia

senza sapere per chi.

Che la tua bilancia divina

con la tua sfera celeste,

ci ripari sempre

la tua sacra tunica

Santissima Morte.

Per concludere una strofa della canzone del gruppo rap Cartel de Santa, da Monterrey.

“…Lei apre i nostri occhi alla realtà, dicono che morire è svegliarsi, io non so se ci sia un paradiso o un inferno, però la unica cosa sicura in questa vita è che solo Lei comprendo”.


Una Santa un po’ speciale (dal libro Santa Muerte Patrona dell’Umanità)

La Santa Muerte guadalupana

[Parliamo oggi di un fenomeno religioso che ha profonde radici in Messico con oltre 10 milioni di seguaci: il culto per la Santa Muerte. L’occasione è la pubblicazione del libroSanta Muerte Patrona dell’Umanità, di Fabrizio Lorusso, edito da Stampa Alternativa con prologo di Valerio Evangelisti. A seguire alcuni estratti. Per chi volesse approfondire, qui c’è una breve intervista all’autore, e qui il blog dell’autore e del libro. Intro di Raul Schenardi dal blog di Edizioni Sur]

Una Santa un po’ speciale di Fabrizio Lorusso

Sto con la Santa da almeno vent’anni. Lei mi ha salvato due volte la vita e la devo ringraziare. Mio marito mi picchiava e maltrattava, un paio di volte ha rischiato di ammazzarmi, per fortuna ci siamo separati. Ho il mio altarino a casa e le mie bambine di 10, 12 e 15 anni sono devote come me. Di solito andiamo all’altare di Tepito o a quello della nostra zona, il quartiere di Iztapalapa.

Maria, 39 anni, casalinga e commerciante

La Santa non è cattiva, ma devi rispettarla. Se sai che sono una credente e mi tratti male, mi insulti e mi discrimini per questo, allora sono sicura che può essere pericolosa e vendicativa.

Anaid, 33 anni, prostituta

Mille nomi nella terra dei nessuno

I devoti chiamano la loro Santa in mille modi diversi, con diminutivi, vezzeggiativi e neologismi affettuosi per dimostrare la loro empatia verso la sua immagine ritenuta sacra e miracolosa. Anch’io ho scelto di usarne diversi, a seconda dell’argomento trattato e –perché no –dell’umore. I soprannomi più comuni sono La Señora (signora), la Doña, la Niña Blanca o Bonita (bambina bianca o carina), la Hermosa (bella), la Comadre, la Patrona, Santísima Muerte o Santita, la Flaca o Flaquita (magrolina, la “secca”), la Hermana Blanca (sorella bianca), Mi Amor, la Chiquita, la Jefa (il capo al femminile), la Madre o Matrona, Señora de Luz (signora di luce) o anche Señora de las sombras (signora delle tenebre) per incutere un certo timore reverenziale. Ogni giorno nasce un nomignolo nuovo, perciò la lista non sarà mai definitiva. Nella creazione di diminutivi e vezzeggiativi la variante messicana dello spagnolo non è seconda a nessun’altra, così come non lo sono le altre 56 lingue autoctone parlate in Messico che costantemente arricchiscono l’español mexicano.

L’esperienza quotidiana, corroborata dalle stime riportate dai mezzi di informazione, mostra ormai che due, cinque, o forse perfino dieci milioni di fedeli sono sparsi per il Messico, gli Stati Uniti, El Salvador, il Guatemala, l’Honduras, la Colombia, l’Argentina e perfino il Giappone. Tutti adorano l’immagine della Flaquita e invocano nelle loro preghiere la Santissima Muerte, una figura medievale scheletrica e macabra che viene arricchita nel cuore e nell’anima, nel culto e nell’immagine, da un mix fuggevole e postmoderno di tradizioni iconografiche e liturgiche d’origine messicana, africana, europea e precolombiana. C’è un’influenza contemporanea e perfino new age che convive con le pratiche più antiche e sotterranee.

La Morte santificata sembrava sparita dalla faccia dell’impero cattolico e del mondo chiamato civile. Non è così. Non lo è mai stato. La coppia divina degli aztechi, il re Mictlantecuhtli e la regina Mictecacíhuatl, è ritornata dall’inframundo, l’oltretomba, per divertirsi ancora un po’ con i posteri. Per questo, dal punto di vista delle Chiese e dei santi rivali, l’eterna paura della morte sembra impallidire di fronte alla percezione della perdita, lenta ma irrimediabile, del potere temporale e spirituale sulle anime, sui corpi, sulle credenze e le speranze del nostro pianeta.

L’istituzione che, almeno in Europa e in America, s’ergeva a padrona assoluta dei destini ultraterreni scivola giù in classifica nei sondaggi planetari. È logico che la Chiesa provi, dunque, a ricondurre a sé un gregge in pieno smarrimento. Tenta la reconquista della classe media sempre più secolare e autonoma, ma anche dei poveri e dei dimenticati, quella gente comune, spesso marginale, che soleva cedere alle promesse della fede nel Dio cristiano. Ma proprio questa gente, ormai, s’è trasformata in una nuova massa popolare globalizzata, fuori dalle categorie tradizionali della teoria e ribelle nella pratica, indefinita e frammentata. È una e sono centomila. È abbandonata al proprio destino e tragicamente individualista, nelle Americhe più che altrove. È in gran parte esclusa dalla società abbacinata dalla modernizzazione. Questi “nessuno” sono come tante piccole stelle impazzite e ubriache, con i loro santi del nuovo millennio sotto braccio oppure impressi sul petto e sull’anima. E più ce ne sono e più se ne fabbricano di nuovi, sempre più santi, amati e venerati, senza altro riconoscimento che non provenga dallo stesso popolo che li ha creati.

santa-muerte-processione

I “nessuno” rivolgono appelli a ogni santo del calendario perché sono persone di fede e buoni costumi, con tanta disperazione ma anche dignità. Sono precari per antonomasia e per discendenza, vivono la metropoli notte e giorno, stanno nel cuore del monstruo (il mostro, cioè Città del Messico), si confondono e si nascondono sotto la cappa tiepida e familiare del grigio smog, l’alleato più fedele della cenere del vulcano Popocatéptl. Il “Popo” domina da lontano la vista dai grattacieli della capitale messicana, è il gran gigante di lava che ogni tanto, aiutato da un vento malizioso, ricopre di pece gassosa e polvere i venticinque milioni di chilangos, come vengono chiamati gli abitanti della capitale dai polmoni plumbei e inceneriti. Sotto le nubi cariche di nero seppia, poco prima della tempesta quotidiana di clacson e piogge torrenziali, il fumo fosco della crisi globale diventa un’esperienza ciclica, annuale, quasi fosse un capriccio meteorologico, puntuale come la stagione degli uragani. In queste condizioni ormai ognuno crede in quello che vuole. Soprattutto nella morte che, quando si manifesta con violenza assieme al rischio e all’incertezza, riemerge nei cuori delle persone che vogliono corteggiarla e scongiurarla inneggiando alla sua santità. In fondo Lei è l’unica certezza della vita e, nella costante lotta contro il caos della urbis terribilis, ci è sempre al fianco con la falce sguainata per tranciare di netto, una volta per tutte, i nodi della nostra insicura esistenza.

Molti di quei “nessuno” fagocitati dalla città più grande del mondo sono ancora alla mercé delle promesse, labili ma luccicanti, di una modernità attesa però mai arrivata. Le loro anime sono in balia dell’avanzata pentecostale e delle sette S.p.A., alcune delle quali possiedono la casa madre in qualche Nord del mondo e a volte sono patrocinate da un ex VIP in cerca di un motivo per resuscitare. Dal Messico al Centro America si moltiplicano miracolosamente i mercanti della fede che promettono di far uscire l’umanità dal dolore. Para de sufrir, smetti di soffrire! Adesso, subito.

Tuttavia, chi è stato troppo a lungo ai margini ed estraneo rispetto al resto della società, chi è emigrato ed è tornato dagli Usa, chi è stato in prigione, chi ha cambiato sesso, chi delinque, si droga o cerca di smettere, chi è considerato diverso, povero o non integrato, ebbene tutti loro, gli apocalittici, trovano nella Santa con la falce una fedele compagna. Lei li aiuta a emanciparsi dall’influenza millenaria delle gerarchie ecclesiastiche di ogni confessione, senza rinunciare alla fede come spinta umana e personale ad andare avanti. La seguono anche a costo di stare fuori dalle regole, pur di ritagliare per loro stessi e i loro santi un margine nuovo d’autonomia e di libertà. La Santa Muerte tra questi santi è la più possente.

 


Santa Muerte Patrona dell’Umanità su XL di Repubblica

XL Repubblica Santa Muerte Recorte

 

Link al libro qui

Link al suo blog